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Il DDL Pillon va ritirato

  • Ottobre 2018
  • Autore
    Camilla Pin Montagnana

D.i.Re “Donne in Rete contro la violenza”, è l’associazione nazionale che riunisce i Centri antiviolenza non istituzionali. Ha recentemente lanciato la petizione che, nel momento in cui scriviamo, ha raccolto oltre 90mila firme, affinché il ddl Pillon venga ritirato.

Intervistiamo Manuela Ulivi Presidente de La Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate di Milano (CADMI), il primo Centro Antiviolenza nato in Italia e socia fondatrice di D.i.Re.

 

Manuela quali sono le sostanziali differenze tra le attuali normative e il DDL Pillon, fortemente voluto da Lega e dai Cinquestelle?

Questa proposta di legge non è accettabile da qualsiasi parte la si guardi: non è emendabile e ne chiediamo il ritiro. Le differenze sono sostanziali e ci portano indietro di oltre 50 anni. Di fatto, la separazione e il divorzio (che negli ultimi anni hanno avuto semplificazione di procedure e accorciamento dei tempi) diventeranno percorsi a ostacoli quando la coppia che si vuole separare ha dei figli. In questo caso, infatti, è prevista la mediazione familiare obbligatoria (a pagamento tranne il primo incontro) che dovrebbe portare i genitori a redigere con il mediatore un Piano genitoriale che determinerà la vita del figlio, le sue scelte personali, le sue amicizie, gli studi…

Nella nostra esperienza di Centro Antiviolenza, inoltre, crediamo che questi cambiamenti renderanno ancor più pericolosa la scelta di separarsi per le donne che vivono in situazioni di maltrattamento e violenza. Oggi, infatti, è possibile per una donna presentare la richiesta di separazione dopo essersi allontanata da casa e senza dover incontrare il maltrattante. Nel caso nefasto in cui questo ddl fosse approvato, le donne non potrebbero più mettersi in sicurezza prima di separarsi perché sarebbero obbligate a dire al partner violento che hanno deciso di lasciarlo e vengono obbligate a meditare con lui un piano genitoriale. Questo, oltre che mettere a rischio la vita di migliaia di donne ogni anno, è apertamente in contrasto con l’art. 48 della Convenzione di Istanbul che vieta la mediazione in caso di violenza domestica. Ricordo che questa convenzione è legge dello Stato, essendo stata ratificata dal nostro Parlamento.

Altri grandi cambiamenti sono l’eliminazione dell’assegno di mantenimento per i figli con l’introduzione del mantenimento diretto e l’obbligo per il genitore che resta nella casa familiare di pagare un canone al genitore proprietario, mentre oggi questo valore è considerato nel conteggio dell’assegno di mantenimento dei figli.

 

Il titolo è “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità“ ma su che tipo di figura genitoriale è disegnato il DDL?

Il genitore che ci si può immaginare leggendo questo ddl è una persona egoista e non dedita al bene dei figli. Studiando il testo della proposta ho proprio avuto la sensazione di bambini divisi a metà, obbligati ad adeguarsi alle esigenze dei genitori. L’eliminazione dell’assegno di mantenimento e l’introduzione del mantenimento diretto premierà il genitore economicamente più forte a discapito di quello che non può garantire il medesimo tenore di vita. Realisticamente, le donne, che con alta frequenza lasciano il lavoro fuori casa per prendersi cura dei figli, faranno molta fatica per mantenere i loro figli.

 

Com’è legato questo ddl alle associazioni dei padri-separati?

Già alla fine degli anni ’90 questi gruppi avevano provato a modificare la legge sulla separazione, soprattutto per quanto riguarda il mantenimento dei figli.
Questo ddl è veramente molto simile nei contenuti e negli obiettivi a quelle proposte.

 

Il nuovo rapporto di Oxfam sulle disparità di genere colloca l’Italia ultima in Europa per tasso di occupazione femminile, il progetto di legge di riforma dell’affidamento inserito in questo contesto cosa significa nella pratica?

Nella pratica significa che le donne rischiano di perdere l’affidamento dei figli. Come dicevo prima, faticheranno a garantire il medesimo tenore di vita garantito dai padri. Inoltre, se si pensa al canone d’affitto che il genitore che resta nella casa familiare deve riconoscere al genitore proprietario, è facile intuire come le donne, appunto disoccupate e casalinghe, si impoveriranno sempre di più.

 

Quali sono i prossimi passi della mobilitazione contro il DDL? Che appello lanciate?

Tutto il nostro operato è volto al ritiro di questo ddl. I nostri prossimi passi prevedono la richiesta di audizione alla commissione giustizia del Senato e continueremo a organizzare incontri pubblici di discussione e approfondimento sul territorio. Ovviamente, aderiamo all’appello di D.i.Re. Per una mobilitazione nazionale il 10 novembre con una manifestazione a Milano.

 

4 ottobre 2018

Foto Luca Chiaudano

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