Una prof una volta mi ha detto che la scuola rende liberi. Ma non è facile crederci. A volte penso che la scuola ci liberi solo quando suona la campanella e ce ne torniamo a casa. A volte penso che la scuola sia un luogo di libertà solo durante l’intervallo. La verità è che a volte a scuola mi sento in gabbia, in prigione. Mi sento in prigione perché non c’è democrazia fra alunni e professori. Una volta una prof mi ha detto che a scuola c’è una gerarchia e gli insegnanti stanno sopra. Decidono sempre loro, come se fossero superiori a noi. A volte alcuni si sentono Dio. Mi sento in prigione quando non c’è libertà di parola, quando proprio non ti danno la possibilità di parlare. Quando manca la libertà di esprimere i tuoi pensieri, di far conoscere te stessa, di essere te stessa. La scuola è una prigione, e in prigione non puoi vestirti come vuoi. A scuola non posso avere magliette corte, unghie lunghe, capelli sciolti. Non posso portare i pantaloncini sopra il ginocchio o indossare jeans con qualche buco, anche se minuscolo. La scuola è una prigione quando si studia troppo e senza mai una pausa. È una prigione ogni volta che stai seduto per sei ore. La scuola è una prigione perché è fatta di limitazioni: a scuola non si può fare niente.
Non è giusto che i professori non ti rispettino, non ti capiscano, non ti apprezzino mai. Non sono giuste le differenze e le preferenze. Non è giusto quando mi danno la colpa senza motivo. Non è giusto essere giudicati in continuazione. Sempre. E poi non è giusto essere giudicati soltanto per gli sbagli. Non sono giusti i compiti, sempre compiti, troppi compiti – anche inutili. Non è giusto il sovraccarico di pagine, di verifiche. Non è giusto avere solo dieci minuti di intervallo. Non sono giusti gli atteggiamenti dei compagni. Essere esclusi, essere bullizzati. Non è giusto quando fanno la spia, non è giusto che continui a subire punizioni per colpa degli altri. Se c’è una persona colpevole di qualcosa o se c’è casino in classe, tutti vanno di mezzo. Non è giusto essere sempre presi in giro. E non è giusto che nessuno faccia nulla quando alcuni alunni rimangono da soli, solo perché sono più timidi. La scuola è una prigione, e dalle prigioni non si esce. Niente gite. Mai gite. Nonostante fossimo la classe secondaria migliore di tutte, non hanno saputo pensare di premiarci almeno con un’uscita lontano da scuola, o anche diminuire i compiti negli ultimi giorni, facendo così qualche lezione in giardino, respirando un’aria fresca e diversa.
Non mi piacciono molti professori e non mi piace nemmeno che ogni anno alcuni professori debbano andarsene. Non mi piace il modo di studiare e non mi piace essere costretto a lavorare con le persone sbagliate. Della scuola non mi piace il fatto che se io non sono bravo in una determinata materia non vuol dire che non sono bravo a scuola in generale, ma è la scuola che non sa capire il potenziale di ogni persona.
Non mi piace essere disturbato dagli altri e non mi piace che ci abbiano rubato la LIM. Non mi piace quando mi interrogano proprio perché sanno che non sono preparata, e quando invece ho studiato e non ho la possibilità di dimostrarlo. Un’altra cosa che non mi piace della scuola è il fatto che alla fine degli studi fanno tutti i soliti lavori. Ed è come se fossimo tutti bloccati in una gabbia. Si dice che la scuola rende liberi. No, rende macchine per uno stato. E poi non mi piacciono le mascherine. Non mi piace l’obbligo di rimanere sempre seduti, senza potersi alzare dai banchi. I banchi singoli non mi piacciono, non mi piace il distanziamento, non mi piacciono le limitazioni in tutti i laboratori. Non mi è piaciuta per niente la didattica a distanza, anche se alcuni preferivano stare al computer piuttosto che tornare qui. L’abbiamo già detto: a scuola non si può fare niente.
A scuola qualcosa mi è piaciuto. Posso dire che sono stato bene. A volte la scuola l’ho addirittura amata. Mi sono piaciuti i compagni e le compagne. Socializzare, creare relazioni, coltivare nuovi legami. Divertirsi, ridere, scherzare con il mio migliore amico. Mi è piaciuto ritrovare tutti i miei amici dopo la quarantena. Mi piace quando ci confrontiamo. Mi piace quando nessuno dà fastidio, mi piace quando i miei compagni finalmente stanno tutti zitti. Anche alcuni prof mi sono piaciuti. Quelli con cui ho potuto interagire, quelli con cui si può scherzare, quelli che vanno oltre lo studio, quelli che mi hanno fatto domande e mi hanno dimostrato di capirmi. Mi piace usare la tecnologia a scuola, l’informatica e il pc. Mi piacciono i lavori di gruppo, i progetti del PON, mi piace il giardino, che mi ha rallegrato le giornate. Mi piace suonare la chitarra ed essere parte di un’orchestra. Mi piace ricreazione, educazione fisica, gli eventi sportivi. Mi piace vincere e mi piace prendere bei voti. Mi piace uscire da scuola. Mi piacciono le gite, mi piace Scuola natura. A maggio abbiamo fatto una bellissima gita in canoa, remando nel naviglio, respirando un’aria rilassata. Lontano dalla scuola, imparando qualcosa di nuovo.
L’ultimo giorno di scuola abbiamo ascoltato la musica, certo non tutte quante le canzoni che ascolto io, però è stato veramente bello perché eravamo sparsi per la classe, senza sapere se ci saremmo rivisti tutti a settembre, approfittando anche degli ultimi momenti. E poi abbiamo mangiato anche delle fette di pane con la marmellata della prof. Ancora. L’ultimo giorno di scuola abbiamo fatto una bellissima festa d’addio alla prof di arte perché sarebbe andata in pensione: tutte le classi della secondaria sono uscite dalle aule e hanno cantato tra fiori e lacrime, e poi io e altre mie compagne siamo riuscite a farle un pensierino, tra cui il mio che consisteva nella ‘Notte stellata’ di Van Gogh fatta a mano in miniatura e, modestia a parte, era veramente un’opera d’arte! È stato meraviglioso l’ultimo giorno di scuola, quando eravamo tutti nei corridoi a ballare e cantare. È stato incredibile quando ho fatto tutte le amicizie che in tanti anni non ero riuscita a fare, per timidezza. È stata indimenticabile l’esperienza Erasmus in Romania. I momenti più belli che abbiamo vissuto? L’ultima prova d’orchestra. I laboratori. I momenti di socialità che ho vissuto con i miei compagni. Condividere insieme ai miei compagni la passione per il cinema, in particolare quella per i film MARVEL, Spiderman prima di tutti. Uno dei momenti in cui sono stata meglio a scuola è uno degli ultimi giorni di centro estivo in cui siamo rimasti con la cassa e la musica mentre giocavamo a biliardino. L’ultimo giorno di scuola, in cui abbiamo fatto un festone in palestra e dei balli di gruppo in cui il mio amico se n’è uscito con una parrucca da fricchettone hawaiano e le infradito. E poi quell’ultimo giorno mi sono anche fidanzato.
Beh, amo la scuola quando suona la campanella. Amo la scuola quando andiamo in gita. Amo la scuola perché si fa educazione fisica e arte. Amo la scuola grazie ai compagni, con cui non ci si annoia. Amo la scuola, in effetti, perché è un posto in cui posso e devo socializzare con nuove persone. Amo la scuola quando si fa amicizia con nuovi compagni. Amo la scuola quando i prof sono simpatici e quando ci si rispetta. Amo la scuola perché riesco a esprimere la mia creatività. Amo la scuola anche perché mi piace studiare e imparare nuove cose. Amo la scuola quando mi fa sentire più autonomo. Quando capisco che sono diventata più organizzata e mi gestisco meglio i tempi di studio. Quando capisco il mio metodo di studio. Amo la scuola quando ti rende libero di pensare con la tua mente e non lasciarti fregare. Amo la scuola quando gli argomenti sono interessanti, e quando sento di imparare cose nuove. Amo la scuola quando vedo il mio lessico che si espande. E allora si, la scuola può anche essere un luogo di libertà. Quando si ha la possibilità di esprimersi e di essere sé stessi. Solo così si impara. Si impara quando ci si esprime in tanti, quando ci si ascolta tanto, quando ci si ferma tanto a pensare. E poi si ricomincia, e ci si esprime di nuovo.
Si impara esplorando un bosco. Si impara in montagna o in campagna. Si impara al cinema, o durante le giornate normali. Posso imparare da internet, su youtube, con tiktok. Posso imparare facendo esperienze nuove, anche senza parlare. Si impara andando fuori, posso imparare in aeroporto. Si impara quando si fanno amicizie. Posso imparare dal dialogo con gli altri, dalla condivisione di un’opinione. Posso imparare quando litigo, posso imparare quando capisco che ho sbagliato. Si impara quando ci si esprime e dopo ci si ascolta, e dopo si riflette. E dopo ci si esprime ancora e ancora si ascolta.
Forse ognuno di noi può fare una piccola parte, per cambiare cose piccole. Forse potrei essere più aperto, potrei parlare di più con i compagni con cui non ho un legame, senza aspettare che siano loro a venire da me. Se do fastidio a qualcuno, potrei cercare di stare più tranquillo. Potrei essere più aperta, meno fredda, meno arrogante. Potrei evitare di rispondere quando mi provocano. Potrei essere più sincera nelle occasioni giuste, anche se a volte non mi fido. Potrei proporre di approfondire i temi che mi interessano, potrei proporre attività e giochi per conoscere meglio i compagni e le compagne. Potrei candidarmi come rappresentante di classe o di istituto. Potremmo confrontarci di più, cercare più condivisione e più unità, così che insieme si possano cambiare le cose. Potremmo rivolgerci agli insegnanti e spiegare quello che vogliamo, potremmo chiedere più confronto e trasformare il loro atteggiamento. Potremmo protestare. Potremmo avere più forza e più coraggio.
Basterebbe fare educazione fisica al parco, o al mare. Si potrebbe studiare arte nella natura, fare disegno dal vivo davanti a un bel palazzo. Pranzare alla LIDL o al sushi bar. Basterebbe fare tecnologia dove ci sono gli ingegneri veri che fanno lavori veri. Basterebbe fare religione all’interno di una chiesa. Per imparare la matematica potremmo parlare con una cassiera del supermercato. Potremmo viaggiare per imparare la geografia.
Potremmo svuotare la scuola e riempirla di cose nuove facendoci, guidare dall’immaginazione e dalla fantasia. Un bar nella biblioteca. Un teatro in giardino. Un orto per vendere la verdura. Un tribunale in palestra. Un ring nell’aula didattica. Lo studio di uno psicologo per i prof. Un’aula piena di reperti storici, come un museo. Tanti spazi per rilassarsi. Oppure una passerella per le sfilate in palestra. La parrucchiera, un salone di bellezza, la sala manicure. I negozi e i camerini. E le sartorie al quinto piano. Una farmacia e una cartoleria. Addirittura una piscina. E a scuola potremmo accogliere chi nelle scuole non entra mai. Per esempio potremmo gestire un bar per chi lavora nel quartiere. Potremmo portarci tanti animali. Potremmo organizzare in cortile spettacoli per bambini. Potremmo dare un tetto a chi non ha casa usando le nostre aule, potremmo accogliere persone anziane e pensare per loro qualcosa di bello, organizzandoci a turni, una classe ogni settimana. Ecco una cosa importante. Quando noi avremo rivoluzionato la scuola e gestiremo lì un centro ricreativo per le persone anziane rimaste vedove, e tutto il resto… Ecco, in quella settimana, per favore, non diteci che non stiamo imparando niente, non state a pensare alle verifiche, non tormentateci con i compiti a casa.
Adrian, Andrea, Diala, Diego, Edoardo, Elena, Esmaela, Jake, Jessica, Liliana, Lewis, Luca, Manolo, Marco, Melita, Millicent, Mina, Nikko, Oscar, Paola, Sofia.
(1-6 settembre 2022, Parco di Monza)
Questo testo nasce dall’esperienza “Sleepover Camp”, promossa nella cornice del progetto “SPRINT! La scuola con una marcia in più”. Al percorso hanno partecipato 15 ragazzi e ragazze tra gli 11 e i 17 anni, provenienti da Brindisi, Milano e Palermo, accompagnati da un gruppo di professionisti e di professioniste. Questo è un testo composto a più mani e pensato da più menti, come collage delle tante parole che abbiamo detto e scritto in una settimana di intensa e meravigliosa convivenza. Abbiamo presentato pubblicamente questa lettera il 6 settembre del 2022 a Milano e speriamo che queste testimonianze, queste opinioni e questi desideri possano ispirare tante altre persone.
Andrea Rampini è presidente e ricercatore di Codici.
Foto ☉☉ Luca Meola